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  Sul dilemma tra necessità e possibilità, ritengo sia determinante l'intervento di Ilya Prigogine, laddove, nella processualità...

09 novembre 2016

Il principio di sussidiarietà


Statua di Leone XIII nella Chiesa Collegiata
di 
Carpineto Romano
 Da aggiornare
Libertà positive e libertà negative sono la chiave di volta per la corretta applicazione del Principio di sussidiarietà. In senso generale, da come è enunciata oggi dalla dottrina cattolica (§ 403 del Compendio del Catechismo della Chiesa cattolica), tale principio indica che una società di ordine superiore non deve assumere il compito spettante a una società di ordine inferiore, privandola delle sue competenze, ma deve piuttosto sostenerla in caso di necessità.
Il primo documento che si esprime in questi termini è la lettera enciclica Rerum Novarum (1891) di Papa Leone XIII, la quale recita:
«Non è giusto, come abbiamo detto, che il cittadino e la famiglia siano assorbiti dallo Stato: è giusto, invece, che si lasci all'uno e all'altra tanta indipendenza di operare quanta se ne può, salvo il bene comune e gli altrui diritti. [...] Se dunque alla società o a qualche sua parte è stato recato o sovrasta un danno che non si possa in altro modo riparare o impedire, si rende necessario l'intervento dello Stato»
In realtà da allora, e ancora oggi, osserviamo che l’industrializzazione ed il conseguente inurbamento che si è esteso in questi ultimi secoli, hanno radicato un forte contrasto tra i sindacati padronali e quelli dei lavoratori che si risolve attraverso lo sciopero e la contrattazione bilaterale risolutiva del conflitto. Il dissidio nacque dal fatto che i primi credevano e credono tuttora che l’intervento dello Stato sia dannoso ai loro affari, e i secondi, che lo Stato debba intervenire per costituire diritti perché col salario decurtato dal profitto si arricchiscono solo imprenditori e capitalisti. Fu così che tanto la Chiesa, quanto lo Stato assillato dai sindacati, considerino, ancora, non più la persona e la famiglia soggetti liberi e responsabili dei loro atti, ma l’organo politico o amministrativo che  tutela padroni e lavoratori senza aiutarli.

Nell’ordinamento politico europeo la sussidiarietà, tra le competenze della Comunità e singoli Stati aderenti, fu introdotta dal Trattato di Roma, sottoscritto il 25 marzo 1957.
Non essendo previsto il rapporto diretto tra cittadino e Comunità, fu stabilito che nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.

Il Trattato di Maastricht, siglato il 7 febbraio 1992, qualificò la sussidiarietà come principio cardine dell'Unione europea. Tale principio venne, infatti, richiamato nel preambolo del Trattato:
"[...] DECISI a portare avanti il processo di creazione di un'unione sempre più stretta fra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini, conformemente al principio della sussidiarietà."
E venne esplicitamente sancito dall'Articolo 5 del Trattato CE che richiama la sussidiarietà come principio regolatore dei rapporti tra Unione e stati membri:
La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato.Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.
 L'azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente trattato.
In Italia si ebbe una prima enunciazione del principio nel 2001, quando fu modificato l’art. 118 della Costituzione nello stabilire che 
"Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarietà".
In tal modo, da allora, le istituzioni avrebbero dovuto creare le condizioni necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente nello svolgimento della loro attività. L'intervento dell'entità di livello superiore, qualora fosse necessario, doveva essere temporaneo e teso a restituire l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore. Furono parole che non ebbero nessun effetto concreto perché le istituzioni così enunciate corrispondevano ad una struttura politica verticale costruita non sulla responsabilità delle persone singole, ma sugli enti statali, regionali, provinciali, comunali ed altri enti corrispondenti ad ogni grado di queste gerarchie.

Dal 2012 l’art. 118 fu ulteriormente modificato nel senso che ora: le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117[1], e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

Insomma il cittadino italiano non può compiere nessun atto se non trova il livello competente presso il quale otterrà un concessione finalizzata a certificarne l’adeguatezza sotto il profilo economico e sociale.
Come sia possibile compiere un atto di solidarietà in questo groviglio strutturale risulta incomprensibile.
La sussidiarietà è stata introdotta, appunto, per rendere più liberi i rapporti tra i cittadini, ora invece, il cittadino non è più in grado di scegliere a chi fare un dono se non ricorrere ad un ente o a una fondazione caratterizzata dal solo fatto di rendere ingestibile una risorsa umana o un cespite patrimoniale.
Impossibile è pure capire come le attività svolte in regime di libertà negative possano associarsi alle libertà segnate in quelle di libertà positive.
In Italia, infatti, si è creato un grave vulnus all’autonomia professionale del cittadino. Il principio di sussidiarietà è visto sotto un duplice aspetto:
·         in senso verticale: la ripartizione gerarchica delle competenze deve essere spostata verso gli enti più prossimi al cittadino e, pertanto, più vicini ai bisogni del territorio;
·         in senso orizzontale: il cittadino, sia come singolo che attraverso i corpi intermedi, deve avere la possibilità di cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidano sulle realtà sociali a lui più prossime.
Precedentemente all'introduzione nella Costituzione (art. 118) di tale principio vigeva il cosiddetto principio del parallelismo, in virtù del quale spettavano allo Stato e alle regioni la potestà amministrativa sulle materie per le quali esercitavano la potestà legislativa; questo principio non è più in vigore, perché sostituito dai nuovi principi introdotti nell'art. 118 della Costituzione nel 2001 (principio di sussidiarietà, principio di adeguatezza e principio di differenziazione[2]).
Così la ricchezza, anziché rendersi diffusa, succede che questa rimanga inutilizzata per la difficoltà dei cittadini nel creare e gestire le imprese. Sono tante, inutili ed improprie libertà negative accompagnate da un feroce diritto positivo che fa del lavoro pubblico e privato dipendente, il pilastro della nostra Repubblica.
Ma le libertà positive sono indispensabili e necessitano nelle attività di culto, di pensiero, di comunicazione e nell’approccio alle opportunità d’impresa e di occupazione.
Le libertà negative, come appare in tabella C- colonna (h) riguardano quelle dell'agente e del consumatore (profili 10 e 11) .  Le libertà negative sono quindi configurabili solo per gli esecutori e per chi trascorre ore liete al riparo dei rischi nell'uso delle attrezzature domestiche, sportive e per la guida dei mezzi di trasporto, così come sono regolamentati dalle leggi, dai regolamenti e dai manuali d'uso degli strumenti di lavoro.
Le libertà positive sono proprie agli altri profili attivi in piena libertà operativa nel campo delle competenze loro proprie (profili 1-9), tant'è, che sono caratterizzati dalla libertà di espressione con parole e fatti su quanto caraterizza il talento operativo.
Ogni profilo comporta un certo rapporto tra la creatività segno della individualità, e l'indipendenza.

La  socialità, come interfaccia  tra diritti e doveri, i cui confini con l'individualità sono sulla  la linea di equità tracciata da chi  è capace di proporre il clima di equilibrio tra i cittadini, nasce dai sentimenti di coscienza e responsabilità ai quali l'ordinamento giuridico, politico e amministrativo deve ispirarsi secondo un'etica che nasce a livello 2 (quella del filosofo) e non più quella dei singoli profili in ispecie a livello 1 (esoterico, religioso), nè a livello 4 (scienziato)*. 

Nei nostri ordinamenti, la parola Coscienza e Responsabilità non esistono e la Libertà appare in nessuna delle due forme dianzi descritte ma come diritto appeso a diritti privi di opportunità, e alla burocrazia di enti para pubblici, fonte di corruzione e malversazione, governati ma non gestiti dai soggetti politici.
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E’ sufficiente quanto sin qui abbia descritto per mostrare l’inadeguatezza dell’ossatura politica sulla quale agisce la sussidiarietà correlata alla solidarietà.
Dal Parlamento di Strasburgo, dalla Commissione Europea sino alla Municipalità, il cittadino italiano è impedito dal poter svolgere le azioni proprie al suo profilo, perché i riti imposti nei diversi livelli dell’ordinamento burocratico, sono continuamente interrotti per stabilire in quali misura gli interventi richiesti per il soddisfacimento dei bisogni intellettuali ed operativi, incidano sulle realtà sociali a lui più prossime. Per giunta tali obblighi sono diacronici rispetto alle necessità che i cittadini operatori manifestano, perché, ad ogni passo, è possibile l’instaurazione di un ricorso presso i tribunali amministrativi.
Quali siano le conseguenze di questo stato di cose, le osserviamo nel fatto che i soggetti politici sono succubi della struttura burocratica sempre più inefficace, e incapaci di uscire dallo stallo nel quale si sono imprigionati con le loro stesso mani.
Ciò porta a considerare che il nostro corso storico di italiani europei presenta un quadro socio-politico specifico, rappresentabile dal modo come interagiscono tra loro i soggetti al manifestarsi degli eventi.
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La realtà storica - che è il succedersi degli eventi - coinvolge il pensiero sulle teorie che non sono volte alla ricerca dell'unico o della verità, ma a quella del modo secondo il quale le comunità soddisfano gli innumerevoli bisogni riflessi che sorgono con l’uso delle risorse disponibili. Il Modo (come fare) che è attributo proprio dell’azione dei Soggetti politici mossi dai Propagatori istituzionali, fanno funzionare il Motore sociale costituito da una Triade di attributi interdipendenti:
·         La cultura intesa come esoterismo, etica ed estetica.
·         Le scienze e le tecnologie;
·         Le risorse umane e materiali.
Considero questa triade come un primo insieme per valutare l’Efficienza nel Gruppo sociale (Es).
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Un secondo insieme nasce dalle Azioni delle Persone per soddisfare il Bisogno; a tal fine, le Persone usano strumenti appropriati per procurarsi le Risorse. Sostengono un costo a fronte di benefici e, dal confronto tra costi e benefici, è ricavabile un indice individuale da considerare nella valutazione della Reattività sociale.
L’indice si ricava dal rapporto tra il Consenso individuale e i Vincoli imposti a sostegno del Progetto. Il sostegno al Progetto sarà tanto più forte quanto più i risultati attesi saranno certi.
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I due insiemi – la Triade sociale e il Consenso individuale – indica quale sia la Reattività delle Persone nel Gruppo innanzi ai Propagatori istituzionali, ai quali i soggetti politici, nel loro insieme, fanno riferimento per generare il Consenso.
A fronte della richiesta di Consenso, le Persone singolarmente o attraverso le associazioni, oppongono resistenza; ciò vuol dire che le Persone e i Gruppi (associati o non), offrono la disponibilità a soggiacere a Vincoli dai quali essi possono ottenere Vantaggi commisurati a prospettive e promesse alle quali credere.
La Propensione si manifesta, o adeguandosi, o agendo per conseguire il risultato atteso con un grado di condivisione che si pone tra le Libertà residue e Vincoli necessari per conseguirlo.
I Politici ottengono il Consenso mettendo in atto un generatore attraverso l’ideologia che maschera uno scopo più o meno trasparente. I Sociologi studiano i modi perché i rimedi proposti per sopportare i vincoli, siano accettati con un alto grado di Propensione.
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* Papa Francesco, sulla traccia della dottrina sociale della Chiesa delineata dai Predecessori, segna la meta finale alla quale tutte le società ed associazioni esoteriche, religiose e morali dovranno conformarsi: rinuciare a conformarsi come   Giona, il modello di quei cristiani “a patto che”, cristiani con condizioni. “Io sono cristiano ma a patto che le cose si facciano così” – “No, no, questi cambiamenti non sono cristiani” – “Questo è eresia” – “Questo non va” … Cristiani che condizionano Dio, che condizionano la fede e l’azione di Dio, che si rinchiudono “nelle proprie idee e finiscono nell’ideologia: è il brutto cammino dalla fede all’ideologia. (nell'omelia alla Messa della mattina dell'8 ottobre 2019, a Casa Santa Marta).




[1] La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (…), b) immigrazione; (…), h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; (…).
[2] Dal combinato di questo principio con il principio di sussidiarietà, si ricava che se l'ente territoriale a cui è affidata una funzione amministrativa, che per il principio della sussidiarietà dovrebbe essere quello più vicino al cittadino amministrato, non ha la struttura organizzativa per rendere il servizio, questa funzione deve essere attribuita all'entità amministrativa territoriale superiore. (Wikipedia)

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