Sempre attuale

Risonanza, biforcazioni e fluttuazioni

  Sul dilemma tra necessità e possibilità, ritengo sia determinante l'intervento di Ilya Prigogine, laddove, nella processualità...

05 maggio 2016

Das Kapital non è kaputt

Possibile che vi sia ancora qualcuno che non abbia capito quale grosso abbaglio accecò Carlo Marx? Qui rispondo al professor Fusaro che, quest'oggi, dal suo profilo Facebook, intende fargli gli auguri per il suo 198° compleanno.
Non è il capitale, né il libero mercato ad essere la fonte dei guai, ma il conflitto ingenerato dallo sviluppo industriale tra impresa e lavoro per la spartizione del ricavo tra profitto, salario e imposte. Ora tutti dovrebbero essere convinti che ricavare un salario senza capitale e senza impresa è impossibile se intendiamo continuare a godere le meraviglie della nostra epoca dominata dalla tecnologia.
Gli imprenditori che sfruttano i lavoratori per alzare i profitti, gli investitori che puntano all'affare senza il rispetto di un'etica condivisa, le istituzioni, le banche, le società, le corporazioni e le cooperative operanti sui mercati che tollerano sviluppi oligopolistici per ottenere rendite parassitarie, costituiscono gruppi di persone che devono trovare confini entro i quali contenere il loro operato per gestire un inestinguibile conflitto d'interessi.
La proposta di Marx è inaccettabile e il mostro che Lenin creò in Russia un secolo fa, per fortuna, non oltrepassò la cortina di ferro. Oggi incombe l'altro mostro. Si tratta del profitto che si mangia il salario nel rendere l'impresa sempre più vincolata allo sviluppo tecnologico ed avulsa dalla creatività umana.
Finalizzare il consumo per lo sviluppo ha arrestato il processo di emancipazione di questa nostra civiltà industriale, perché, dal concepire il benessere come rimedio al bisogno si è passati a credere che la felicità corrisponda al soddisfacimento dei desideri. Da qui a sancire che il denaro sia un fine anziché un mezzo il passo è stato breve, e, oggi, il denaro è diventato indispensabile anche nei rapporti con sé stesso e coi familiari. La solidarietà ha un costo ed un prezzo; il panino che si mangia ha una rilevanza fiscale. Tutto deve avere un prezzo anche i sentimenti hanno perso il loro valore immateriale per assumere solo quello materiale. Si è persa la nozione del dono, di ciò che non costa nulla anche se raro!
Non aggiungo altro, e invito chi è giunto sin qui a leggere e meditare sul fatto che ogni creatura umana dovrebbe nascere con l'idea di essere imprenditore di sé stesso nell'ambito di una società che coltiva il progetto di esistere con la consapevolezza di mantenere sempre vivo l'equilibro nei rapporti interpersonali, familiari e associativi, indipendentemente dalla loro rilevanza sociale ed economica. Uguaglianza non è rendere uguali i cittadini. Il lavoro non ha valore senza le opportunità di applicarlo.

Nessun commento:

Posta un commento