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Risonanza, biforcazioni e fluttuazioni

  Sul dilemma tra necessità e possibilità, ritengo sia determinante l'intervento di Ilya Prigogine, laddove, nella processualità...

08 gennaio 2012

Il Corso Epocale

Erasmo da Rotterdam nel suo famoso Elogio della follia, nel porsi la domanda sulle richieste degli uomini ai santi, risponde che sono cose folli, sovrapponendo il suo dire ad alcuni versi dell’Eneide di Virgilio[1]. Al riguardo riferisce dell’arrivo di Enea a Cuma accompagnato dalla Sibilla giù nell'oltretomba, sotto il lago d'Averno. Nel Campi Elisi incontra l'ombra di Anchise, che rivela al figlio di esser stato scelto dagli dei per fondare l'Impero di Roma.
Tra gli altri dannati Flegias, Re dei Lapiti che, per vendicare la morte della figlia, tentò di incendiare il tempio di Apollo a Delfi; non fu perdonato, tanto che il dio, dopo averlo crivellato di frecce, lo scaraventò nel Tartaro e lo condannò a stare per l’eternità con un grosso masso sempre sul punto di cadergli addosso schiacciandolo.

A gran voce Flegias urla: “Apprendete giustizia dall’esempio, e a non spregiare gli dei”. La Sibilla spiega: “Se avessi cento lingue e cento bocche, e un’ugola di ferro, non potrei abbracciare in tutti gli aspetti i delitti, non potrei elencare tutti i tipi di pena”.
Non, mihi si linguae centum sint oraque centum,
Ferrea vox, omnis scelerum comprendere formas,
omnia poemarum percurrere nomina possim.
Merita soffermarsi sulla clamorosità del tentato incendio al Tempio di Delfi, per svolgere qualche considerazione utile a esporre l’impressione che s’intese dare all’episodio dai tempi di Augusto a quelli della nascente riforma della chiesa introdotta da Martin Lutero.
La differenza, innanzi tutto, si rileva dal fatto che Erasmo adotta il testo virgiliano cambiando alcune parole, laddove: Omnis scelerum formas (tutti gli aspetti dei delitti) diventa Omnis fatuorumformas “tutte le forme di pazzia”. Inoltre, Omnia poenarum … nomina: da “tutti i tipi di pena” diventa Omnia stulticiae nomina “tutte le forme di pazzia”; sicché il testo virgiliano si trasformi in: se avessi cento lingue e cento bocche, e un’ugola di ferro, non mi basterebbero per enumerare tutte le forme di pazzia, né i nomi di tutti i folli.
Non, mihi si linguae centum sint oraque centum,
Ferrea vox, omnis fatuorum evolvere formas,
omnia stulticiae percurrere nomina possim.
Perché l’autore dell’Elogio abbia modificato alcuni versi di Virgilio nel parlare dei Voti di superstiziosi (XLI), a mio parere, non avrebbe importanza, considerando l’abitudine assai diffusa nell’adattare, a proprio uso, i versi dei grandi poeti per dar risalto a concetti sostanzialmente diversi dall’originario. Ma in questo modo si inficia la validità del mito di Flegias nella sua estensione ultra millenaria.

Ai tempi di Virgilio – epicureo – contavano i fatti.

Flegias offese Apollo, e Apollo, più potente di Flegias, lo punì. Flegias, nel Tartaro, urla il suo dolore procurato dal masso che continuamente lo minaccia (la giustizia), invitando a non spregiare gli dei (la legge).

Virgilio non dice altro: chi fa danno è punito senza possibilità di risarcimento. La cosa piaceva ad Augusto che aveva commissionato l’opera, tramite Mecenate.
Erasmo, invece, sembra leggere nell’episodio un'altra cosa: non dà risalto ai fatti ma alle persone.

Il Cristianesimo sopraffece la Romanità quando i soggetti cessarono di rivolgere la supplica all’imperatore che si proclamava dio, ma ai santi. Così si generò un santo protettore per ogni circostanza e per ogni genere di attività e gli ex voto invasero i santuari. E, a detta di Erasmo, nonostante l’innegabile abbondanza di questi ex voto, nessuno di essi testimoniava la guarigione della follia o la conquista di una maggiore saggezza (vel pilo sic factus sapientior).

Le osservazioni di Erasmo portano a considerare il duplice significato del mito. Il primo riguarda Virgilio che considera l’ineluttabilità del castigo dopo il delitto.  Il secondo, Erasmo, considera la follia come fatto i cui effetti si riflettono sullo stesso folle. Entrambi pongono un macigno in testa al reo, ma il secondo non menziona la pena perché il reo che alimenta la follia è il sacerdote che non ignora quanto ciò (gli ex voto) sia utile per i suoi piccoli guadagni (non ignari quantum hinc lucelli soleat accrescere). Per tutti è l’invito urlato di Flegias a non spregiare, per vendetta, i simboli religiosi! Nell’Elogio, Flegias non è citato perché è lo stesso autore Erasmo che lo impersona e sul quale si riversò il macigno dell’eresia proclamata dal Papa e da Lutero.
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Dopo lo scandalo di Cristo risorto, imperante il dio Tiberio, si succedono miracoli, prodigi e follie: Costantino vinse la battaglia di Ponte Milvio, Maometto distrusse gli idoli del tempio alla Mecca, un inventore ignoto dotò l’aratro del vomere e mise il giogo ai buoi, Colombo salpò da Palos, Lutero affisse novantacinque tesi al portale della Cattedrale di Wittenberg. Si avvicendarono follie ognuna lasciando tracce profonde sino ad arrivare in quel dell’Aquila alle ore 3:32 del sei aprile 2009 dove, dopo il catastrofico terremoto, si riunirono i potenti del mondo [2] … enunciando grandi promesse senza decidere nulla ma i fatti continuano a susseguirsi inevitabili e imprevedibili.

Ad ogni follia si associa un personaggio che recita la parte del protagonista che concede la tutela a chi crede in lui. Ai tempi di Augusto vigeva il principio in base al quale, senza tener conto del torto subito dal potente, la vendetta conduceva il reo alla morte civile e, se non condannato a morte, a vivere col macigno della colpa in bilico sul capo; col cristianesimo nessuno è dio in terra, ma giunsero i santi da invocare e imitare per salvare l’anima, e il prete per indicare la via del bene.
Oggi il prete gestisce con sospetto ogni prodigio, e i santi continuano ad essere proclamati, ma con prudenza, perché la Chiesa si riforma con il lento lavorio di asportare dal trascendente ciò che la ragione spiega. La gestione della fede nei rimedi riguardanti i danni causati dai fenomeni naturali, non appartiene più al parroco e all’esorcista, ma è propugnata da soggetti laici auto referenziati che si qualificano ideologi, scienziati, artefici, specialisti in tutto, ed anche intellettuali di ogni genere. Costoro, chiusi nel ristretto cerchio delle competenze e nell’ignoranza di ciò che è bene e di ciò che è male nei riguardi degli effetti esogeni delle loro opere, fanno proseliti nell’accaparrarsi la credulità della gente procurando danni sociali incalcolabili.
Flegias vive ancora tra noi, nessuno lo condanna più, ma come sempre, in troppi, dobbiamo sopportare sulla nostra coscienza, una colpa spesso inconscia o dimenticata.
Parafrasando Virgilio, le forme dei delitti, sono diventate le varietà di pazzi e i nomi dei castighi si sono trasformati in “tutte le forme di follia”. Erasmo, nel riesumare le parole della Sibilla scrisse, usando la desueta lingua latina, cento lingue e cento bocche, e un’ugola di ferro, non mi basterebbero per i nomi di tutti i folli.

Se esistono forme di Follia, vuol dire che esistono anche forme di Non Follia. La Non Follia che cos’è? Se, da tutta l’umanità sottraiamo i Folli, quanti sarebbero i Non Folli? Ecco perché Erasmo scrisse che fosse guarito dalla follia, o che fosse diventato, almeno un poco più saggio! Chi sono i Non Folli? Esiste una persona di specchiata normalità? Durante la nostra esistenza l’abbiamo forse incontrata?





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Torno nell’antica Grecia per riferire del paradosso della sorite[3] (mucchio), proposto dal sofista Eubulide di Mileto.

E’ abitudine di noi occidentali, al contrario degli orientali cultori del Fuzzy-pensiero [4], di voler ridurre tutto ciò che vediamo in bianco e in nero. In realtà tutto è quasi grigio e, per render meglio l’idea, prendo ad esempio il color rosa che risulta dalla mescolanza del rosso puro (rgb=255,0,0) col bianco (rgb=255,255,255). Infatti se prendiamo un foglio rosso e, uno bianco della stessa dimensione, ognuno dei quali tagliato in mille pezzettini e mescoliamo il tutto, otteniamo un mucchio di pezzettini che danno l’impressione di essere il color rosa esatto (rgb=255,0,255). In realtà è un’illusione: i colori rosso e bianco esatti non esistono perché, oltre certi limiti, sia il bianco sia il nero come il bianco e il rosso, sono varie apparenze di grigio. Infatti se dal mucchio togliamo tutti i pezzettini di color rosso, ricostruiremo la collezione dei pezzettini bianchi che, in realtà, sono di color grigio molto chiaro.

Col paradosso della sorite desidero solo mettere in evidenza che è confuso il passaggio dall’“A” al “NON A”[5]. Dire che, nel cercare cosa è più rosa e cosa è meno rosa, tra mille pezzettini rosa, è possibile solo col separare gli uni dagli altri riducendoli tutti ad un colore neutro di riferimento: il grigio medio (rgb=127,127,127). Il grigio medio rappresenta il colore dal quale possiamo dire indifferentemente quasi bianco o quasi nero o anche più grigio e meno grigio con certezza per ottenere risultati matematici. Il concetto si estende a tutti i colori e a tutti i fenomeni fisici. Per i fenomeni immateriali può dirsi ugualmente più buono e meno cattivo? C’è un punto della bruttezza che possa diventare bellezza?
Questo è il grande dilemma che assilla la società umana sinché si considererà costituita da individui liberi, ed è anche quanto la storia ci mostra secolo per secolo, anno per anno, giorno per giorno e ora per ora. Si tratta di un dilemma, in parte solubile attraverso l’attribuzione di colori appropriati ai due binomi sentimenti - etica, da una parte, e sensibilità - ragione dall’altra secondo quanto cercherò di esporre più avanti.
Ancora oggi, nessuno ha considerato in modo scientifico, le relazioni intercorrenti all’interno del binomio sentimenti - etica, talché l’azione politica è ancora dominata dalla religione, dalla superstizione e dalle ideologie. Ne deriva che l’attuale corso generazionale pur svolgendosi nell’epoca delle reti dispersive è ancora caratterizzato da Follie nelle quali i folli sguazzano. L’apparizione di costoro, qualche volta, stupisce dal modo di essere dell’Uomo come Ideatore, Artefice o Guerriero nell’introdurre il passaggio da una teoria all’altra nel fare accettare una nuova moda o nel modificare un costume di vita. La storia classifica i folli tra i geni; tra i costruttori e tra gli eroi chi s’impegna ed intraprende, mentre gli altri – non folli – non li menziona, perché la loro esistenza è segnata dal non capire ma dall’adeguarsi ad ogni circostanze della vita. Nelle scienze umane il fenomeno delle follie può essere circoscritto lungo una border-line che veste specifiche proprie per ciascuno dei profili psicologici, sociali e politici individuabili solo dagli istinti, dai sentimenti e dalle inclinazioni, che le persone manifestano.
Gli atti umani si svolgono in corsi epocali durante i quali Fatti imprevedibili non sequenziali determinano discontinuità, provocando biforcazioni dalle quali i gruppi umani possono ineluttabilmente separarsi per seguire ognuno la propria sorte.
Ecco comparire lo strano fiume immaginato da Eraclito nel quale l’uomo, navigando, soggiace all’impetuosità e alla velocità del mutamento determinato dai fenomeni naturali combinati con gli eventi generati da lui stesso. Impetuosità e velocità di mutamento causano onde di varia lunghezza e intensità che in un certo punto si appiattiscono sino a spegnersi. Si tratta dei fatti di cronaca, delle mode e delle ideologie, nonché degli eventi mitici che generano i corsi epocali e che si disperdono nell’inconoscibile. I più bravi si mantengono sulla cresta dell’onda epocale cercando di non compiacersi nei fatti di cronaca, di non seguire l’ultima moda e di non condividere le ideologie.
Ora si tratta di portare tutti sulla cresta dell’onda lunga.

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I colori nella loro variazione di tonalità e di saturazione, possono essere usati per dare una dimensione ai fenomeni non misurabili in termini discreti, e per i quali, peraltro, sia possibile riconoscerne la sola intensità nelle sue tre forme, minima media e massima. Se, ad esempio, da manuale, leggo che, per ottenere un risultato si devono compiere alcune operazioni sfruttando risorse, potrò rappresentare gli effetti esogeni sull’ambiente e sulla natura, con tre gradazioni di rosso unitamente a tre gradazioni di blu tale da risultare una gamma di colori tra il giallo e il blu. Ne deriva la percezione di quanto consista l’impegno psicofisico della Persona correlato alle attitudini e alla consapevolezza necessaria per ottimizzare la qualità della vita misurata intorno ad una media.
Ne deriva una certa gradazione di rosa per percepire l’efficienza operativa, ed una certa gradazione di arancione, per indicare lo stress sull’ambiente.
Fig. 1 - Persona virtuosa nell'ambiente naturale
Nella tabella, in figura 1, ambiente, natura, anima e corpo sono rappresentati nei colori del sistema RGB 256. Sono ricomposti nelle corrispondenti gradazioni di grigio: da bianco (nero + bianco 100%), a grigio (nero + bianco 50%). Il nero è (nero + bianco 0%). Nella tavolozza, corrispondenti alla luminosità media del 67%, l’Ambiente figura col color salmone; la Natura col verde menta, l’Anima con l’azzurro pastello, e il Corpo col giallo chiaro. Il processo attivo della Persona sull’Ambiente è rappresentato dal colore Rosa chiaro. I colori corrispondono alle indicazioni numeriche di RGB e saranno usati in seguito nelle rappresentazioni grafiche dei profili e dei regimi.
Già si nota, nella tabella, che la saturazione scura figura nella luminosità del 47%, la media nella misura del 67% e quella chiara nel 92%. Si osserva che, mentre il rosso, il verde, il blu e il Rosa mostrano in modo marcato la variazione di saturazione, quella del giallo è poco apprezzabile. Ciò vuol dire che l’impegno posto dalla Persona, nell’interagire con l’ambiente, può recare danno alla natura senza che se ne abbia chiaramente la percezione.
Nella parte inferiore della tavolozza, i colori compresi tra la gradazione chiara e scura, sono 15 (16, compreso il bianco), di cui 5 di media chiarezza: Verde menta, Salmone, Giallo chiaro, Rosa chiaro e Azzurro pastello.
Nella parte inferiore, si aggiungono altri 15 colori compresi tra la gradazione chiara e scura, di cui, tra quelli di chiarezza alta: Crema pelle, formato dal verde e dal rosso; l’oro, formato dal rosso e dal giallo; il Verde pisello, dal giallo e dal rosa carico; il Verde acqua, dal rosa carico e dal blu; il Lavanda pallido dal blu e dal rosso. Il colore Crema pelle si ripete perché la sua collocazione tra il Rosso (Ambiente) e il Verde (Natura) ai lati del diagramma.
Gli ultimi 5 colori sono nella fascia di quelli che hanno una luminosità sotto il 50% e rappresentano situazioni assai stressanti per l’ambiante e per la natura
La tavolozza è predisposta solo per i colori nel sistema RGB con il Rosa carico in posizione centrale. Sono quindi esclusi quelli risultanti dalla combinazione col Turchese (ciano), colore dal quale deriva il Magenta[6] che figura anche nella tabella miscelando appunto il colore Verde col Rosso o, come figura in tabella, combinando il color salmone con la lavanda. Al riguardo, credo che non se ne possa scoprire altri due più appropriati, tra quelli qui ricavati dai 256 nel sistema RGB.
Il nero (0-0-0) non è un colore: come i grigi dove il grigio si forma quando la combinazione RGB presenta parità tra gli indici di saturazione (R=G=B).
Complessivamente i colori rappresentati in tabella, sono 36, alcuni dei quali, si ripetono, come, appunto il Crema pelle. Il Bianco rappresenta la neutralità della Persona nell’Ambiente e bianco deve intendersi il colore con una luminosità oltre il 92%. La luminosità inferiore al 47%, tra il rosa carico e il magenta, segna il confine oltre il quale la Persona inizia a far danno a se stessa, all’Ambiente e anche alla Natura.
I colori della figura 1 introducono all’uso del diagramma a pag. 155 (figura 2 e successive) dove sono rappresentati I trenta caratteri del processo decisionale della persona.
La rappresentazione in sé poco esprime oltre al fatto che idealizza una persona virtuosa; ma, nell’insieme, potremmo considerarla come modello sul quale ragionare per delineare i profili sociali e i regimi politici in atto. La materia sarà oggetto di esame nel secondo volume, nel quale parlerò di persone e società dove il paradigma sarà coniugato attraverso l’emancipazione che renderà tutti consapevoli di agire in modo collaborativo attraverso la reciproca conoscenza di se stesso, come individualità, e come uomo, nella natura.
Un’ultima considerazione riguarda l’uso del colore, oggi prevalentemente impiegato nelle arti figurative come il suono nella musica. Sono miliardi le tonalità diverse come innumerabili sono i granelli di sabbia della battigia, ma solo poche di queste vengono usate da pittori e musicisti. Le tonalità sono ricavate dall’armonia creata dai ritmi melodici sull’onda dei nostri sentimenti. Ecco dunque l’uomo che, in tempi non recenti, inventò una notazione musicale sulla scala diatonica di sette note. Oggi, grazie alla computistica elettronica, può proporre un metodo, nel sistema di colori RGB 256, per rappresentare rapporti significativi tra i fenomeni generati dai sentimenti. Questi si manifestano nell’immanenza del mondo fisico. L’incontro avviene quando la diacronia dei sentimenti s’innesta con la scansione del tempo nella storia. Con queste mie parole non vorrei segnare la fine dell’idealismo e, in particolare, quella del romanticismo. Abbiamo tanto bisogno di Bontà, di Bellezza e di Creatività.

(Capitolo 3/VII del primo volume di Oltre il tempo - Uomo e Persona - TiPubblica)


[5]   Le cose non sono precisamente bianche o nere; ci sono gradazioni. E’ difficile credere che ciò sarebbe visto come rilevante contro la negazione classica; ma si può citare una letteratura irresponsabile che mira a ciò. W.O. Quine dice: “E’ una cultura grigia, nera di fatti e bianca di convenzioni. Ma non ho trovato alcuna ragione sostanziale per concludere che vi siano in essa fili del tutto neri o altri del tutto bianchi”. In realtà le posizioni sono nere per i realisti e bianche per i nominalisti idealisti, la posizione convenzionalista nasce grigia di per sé, lungo i valori intermedi tra 0 e 1, come nella logica fuzzy.

[6]  Il colorante magenta fu messo a punto nel 1859 da François-Emmanuel Verguin ossidando l'anilina grezza con cloruro stannico. Il nome deriva dalla battaglia di Magenta, alludendo al sangue che vi fu sparso (Wikipedia).


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