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Risonanza, biforcazioni e fluttuazioni

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17 febbraio 2008

Si può superare l'utilitarismo?

Ancora oggi la politica di stimolare i consumi per aumentare il prodotto interno lordo (PIL) sembra essere non idonea per armonizzare lo sviluppo dell'economia e conseguire un accettabile equilibrio sociale: ciò perché il dilemma è come e verso cosa orientare le maggiori quote di reddito conseguite.
Le decisioni in merito muovono sulla base di confuse discussioni ideologiche tra contrastanti pressioni lobbistiche che spingono a:

  • lasciarle al cittadino per incrementare ulteriormente i consumi o la formazione di risparmio individuale riducendo l'imposizione fiscale personale;
  • conferirle alle imprese per stimolare propri investimenti favorendo il mercato mobiliare da una parte e riducendo le imposte sui consumi, dall'altra;
  • ridistribuirle nel welfare e/o nelle imprese e/o in investimenti strutturali.

La lotta di classe si è formata con la contrapposizione dei fattori produttivi terra, capitale e impresa al lavoro; dal ché può derivare:

  • che, attraverso lo sfruttamento di posizioni monopolistiche si accumuli ricchezza a detrimento del fattore impresa e quindi anche di quello del lavoro creando sottosviluppo e disoccupazione;
  • che, attraverso la socializzazione di terra, capitale e impresa non prendano corpo quelle iniziative opportune a creare uno sviluppo che consenta di mantenere un alto grado di occupazione;
  • che solo mantenendo complementari impresa e capitale con lo sfruttamento di terra e lavoro, si possano effettivamente creare quelle condizioni per mantenere il benessere economicamente inteso.

Le contrapposizioni si sono sviluppate sino ad ora sotto due linee ideologiche: il socialismo ed il liberalismo, intesi nel senso classico.
Le contrapposizioni, in realtà, non si sono sviluppate tra i fattori produttivi, ma ricadono tra chi ha il governo di questi fattori e cioè su chi fonda la propria politica col presupposto di realizzare la "felicità" dei cittadini. Il socialismo ha creduto di realizzare questa “felicità” con la pianificazione delle risorse attraverso complicati e dispendiosi sistemi di ridistribuzione del reddito, il liberalismo, all’opposto, con la limitazione al minimo degli interventi sull’economia, lasciando il tutto all’autoregolamentazione del mercato.
Ancora oggi il dibattito politico si svolge su classi di fattori, inquadrati singolarmente in ogni branca dello scibile umano e non sull’insieme dei fattori inquadrati in una logica antropocentrica. E non più sotto il profilo strettamente utilitaristico.

1 commento:

  1. Qui non è menzionato il drenaggio del denaro operato dalle banche che speculano sull'aumeno del debito dei Paesi che non riescono a mantenere equilibrio di bilancio secondo i parametri di Maastricht.

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